17 ottobre, 03:25 pm
Idea si accorse all’improvviso di essere rimasta sola. Dentro casa l’aria si era fatta leggermente fredda, c’era un silenzio ampio, che raccoglieva vicino a lei in un unico spazio tutto quello contenuto in ogni stanza. Era da un po’ di tempo (mesi) che percepiva una sensazione d’isolamento. Se ne era accorta in special modo notando come, in alcune domeniche, si era ritrovata a non avere nessuno con cui parlare e nessuno che avesse la necessità di parlare con lei. Si era accorta, ad esempio, di avere sempre più tempo per il suo piacere intimo di isolarsi, senza dover trovare scuse con gli altri. Sola solitudine, escluse interferenze.
Idea era una donna positiva, intelligente, “coinvolgente nei modi”, così l’aveva definita qualcuno che la conosceva molto bene. Ma da un po’ di tempo (qualche anno), Idea preferiva sempre di più, come poteva, rifugiarsi nel suo nido con la sola compagnia della musica, dei libri e dei film e in specie dei suoi sogni. Anche internet le creava la sensazione di disagio. Già, collegarsi a internet le conduceva immediatamente l’immagine di affollamento, specie d’incontri indefiniti e superficiali, a volte anche torbidi e di tanti ripetuti bla bla bla, di profondità non riscontrabili; e poi le notizie, troppe, la luce dello schermo le stancava gli occhi e le offuscava il cervello.
Idea uscì fuori, il paesaggio era animato da una luce infuocata di colori rilassanti che s’incastravano bene con il verde del prato e a macchie ancora resistente sugli alberi. Silenziosamente si era appoggiata con la schiena al muro della terrazza, aveva bisogno di calore, di scaldare la sua pelle sino ad arrivare alle ossa, catturando quel caldo sole autunnale che a raggi diretti le colpiva il corpo. Il freddo di lei veniva da dentro e il calore lo cercava fuori, all’esterno. Siffatto si era incollata con la schiena alla parete, come a sostenersi, a incollarsi per durare di più, come fanno le lucertole per tenersi sul verticale; la testa all’insù, a prendere, in direzione dei raggi, e le palpebre chiuse; in mano un libro steso sulla pancia, per compagnia la voglia di leggerlo, tenendo quel blocco di carta tra le mani a stringere parole belle.
“Ehi! Che fai?” la voce proveniva dalla sua destra, verso la stradina, e non capiva Idea, non vedeva, c’erano le foglie che stavano ingiallendo, che colpite da quel sole luminoso facevano da specchio e luccicavano. Sovrappensiero non era riuscita neanche a distinguere il tono della voce, maschile, ecco tutto! “Non ti si vede più. Come stai?” Chiede ancora quella voce. Idea scruta attentamente, stringe gli occhi per vedere meglio tra quei colori che raccontano e vanno dai gialli ai verdi. “Ciao! Tu come stai?” Era Marco, una cara persona, uno, che chi lo sa perché, in due momenti precisi della sua vita, di colpo aveva cambiato ogni cosa, lavoro e città, affetti, quindi. Sorrideva Marco, confuso tra quei toni caldi, con un grappolo di uva in mano, questo sì che si distingueva bene, quasi nera totalmente, ora il suo sguardo si notava. “Buona la tua uva fragola, è la più buona che ho mangiato sino ad adesso, da quest’estate.” Idea ricambia il sorriso (malinconicamente), senza nessun entusiasmo, cosa insolita, perché nelle rare volte che s’incontravano, lei era sempre estremamente felice di vederlo e non lo nascondeva. “Sì, è dolce, in questa non ci sono medicinali.“ Lui sorride ancora e continua a guardarla da lontano, senza avvicinarsi. “Sono sempre qua, quando non vado fuori. Mi sono ritirata.” E sorride. “Ma no! Come stai?” Gli ripete ancora lui. “Bene!” Lei. “Non ci credo…” Lui.
Non ci credeva Marco, e non ci credeva lei a quella mezza risposta. Ma vero che, male non stava. Forse era la prima volta che incontrandosi lì, lei non gli offriva un caffè o non si avvicinava per scambiare due chiacchiere meno evasive. “E tu come stai?” Chiede allora lei, per affetto e cortesia. “ Io, bene!…” Risponde lui . “… “ Lei “ …” Lui. Si sorridono ancora, Idea lo saluta girando le spalle, lui ricambia con un accenno, lei rientra in casa.
Dentro si accorge di piangere, le lacrime scendevano silenziose e solitarie; separatamente un filo a destra e un filo a sinistra, erano calde sulle guance, le prime arrivarono a gocciolare sul mento e poi si riunirono tutte insieme nell’unico fazzoletto di cotone bianco che stava lì ad attendere di contenere. Sì, era sola volutamente. Si strinse nel suo golfino pesante, abbracciandosi le braccia, serrando le dita sugli arti, con forza come a tenersi per non allontanarsi, o a stringersi per non cadere. Chiedeva aiuto a sé, sola, a sé solo continuava a credere, e cercava di coltivarla quella fiducia, sperando che si rafforzasse, così che, almeno Idea non tradisse mai Idea, e non la lasciasse mai sola, almeno lei, lei a lei, e sole.
Ogni continuo turbamento la continuava a isolare dal mondo esterno. Idea si distese sul letto e si coprì completamente con il plaid rosso orlato dal merletto che la nonna aveva sferruzzato per lei. Chiuse le palpebre, e la sognò sua nonna, che oltre al sorriso le aveva trasmesso quel nome “stravagante” e “inconsueto”. Avrebbe voluto somigliarle di più per com’era nel suo immaginario, forte e senza peli sulla lingua, mentre lei si sentiva fragilissima e insicura. Ma si sa, è diversa la visione propria da quella che ognuno di noi ha dell’altro, e poi, cambiamo noi e cambiano gli altri. Possiamo dare di noi una definizione di base, descrivere un carattere generico che ci distingue o formulare la percezione che caratterialmente ci arriva dall’altro. Ecco, tutto si riconduce ancora all’evidenza del momento. In quel momento io so… in quel momento io ti vedo…in quel momento io sono…io sono per te. In quel momento tu immagini che io sia, io immagino di te.
E la certezza dell’essere io qual è, e la verità dei modi di relazionarmi all’altro qual è, in cosa posso confidare?
Idea, nei desideri, nei sogni la cerca questa donna di cui è parte, per un contatto che la riconduce alla sua storia, che potrebbe riscrivere, se solo per poco si potesse tornare indietro. “Stringimi a te, le mani, più forte che puoi, con quelle dita disegnate dall’artrite deformante, ma che tu continuavi a usare con estrema scioltezza, creando preziosità uniche, intrecciando fili sottilissimi con un piccolo e sottile uncinetto, anche quando non riuscivi più a usare l’ago che quello sì, era troppo difficile da adoperare oramai. E la tua cucina, anche adesso che non ci sei più da troppo tempo, e io non ci sono più tornata in quel posto tuo, sono certa continua a profumare di buono, i tuoi sapori si sono impregnati nelle mura, tra i mattoni e il cemento. Stringimi! ”
BELLISSIMO POSt: uno dei migliori!
complimenti! 🙂
“Notte!
detto da te! Affezionata 😉
Grazie e buonfinesettimana
si, concordo. Idea è anche un po’ me, e anche un po’ tanti di noi
grazie
Massimo, mettiamo su “La comunità delle anime solitarie”, dove anche i silenzi sanno di parole. Grazie a te
E chi non ce l’ha il plaid rosso!
…quelli che non sanno sognare
il che non è male. Incessante destarsi.
Quella musica li… è proprio la sua! 🙂
Per donne di mare… ti pare anche a te! 🙂
🙂
La solitudine spesso è scelta, ricercata e apprezzata. Ma questo avviene solo se è uno stato reversibile, dipendente dalla nostra volontà. La solitudine involontaria è invece una grave minaccia per la società e una tortura per la persona che la subisce.
La distruzione, dovuta spesso alle nuove tecnologie, delle cerchie di conoscenze a cui eravamo abituati, in alcuni casi è stata un bene. Ha rappresentato la condizione necessaria per attuare un vero progresso civile, al riparo dalle resistenze negative della tradizione. La tecnica ci mette a dsposizione anche nuovi strumenti per ricostruire le cerchie di conoscenza e di appartenenza, come per esempio internet. Se ci sono problemi, non è colpa di internet, che è solo una piazza molto più grande di tutte le altre e che contiene le stesse cose che si trovano in tutte le piazze. Vale sempre l’obbligo di esercitare il discernimento.
Ciao : )
Dici bene, infatti il problema, in tutti i casi è riconducibile sempre allo stato psichico dell’individuo e alla sua forma intellettiva. Sia riguardo al tipo di solitudine sia al rapporto con l’esterno; sia esso reale o virtuale, io non faccio molta differenza, la linea che li divide è sottilissima, è negli individui lo stacco. E’ solo la propria lucidità o, se vogliamo, capacità critica di riconoscersi e accettare l’azione a permettere di prendere il meglio da ogni elemento incontrato. Così, uguale la solitudine. E il discernimento, ecco che diviene difficoltoso valutarlo quando lo stato psichico è nebuloso o facilmente influenzabile.
Ciao : )
Bel racconto d’autunno. Fluisce, avvolge, ben racconta, evoca immagini autunnali di ritorno al sè per rischiudersi alla prossima primavera.
Ti coinvolge? 🙂 …a primavera, vedremo, non saprei, ora si va in letargo.
Che sorpresa il tuo post, ho appena pubblicato il mio, indovina!
…ah! si affaccia sempre quando viene per potare.
In che si può confidare?
Forse nei fati (con due T), butati lì, a GERMOGLIARE nel tempo dei tempi; anche picoli: un orlo al’uncineto, un grapolo d’uva dolce. . Persino una parola lasciata in un blog privo di comenti, per dire.
Un concerto che ha dato gioia, un piatto cucinato per qualcuno, e anche un bel bel post . .
Sono una dona semplice.
Lillo…sono di lacrima facile e tu mi commuovi. Vabbè, la prossima teglia di biscotti con la marmellata di uva fragola sarà per te. Aspettati il corriere che citofona con il pacchetto odoroso.
…tra semplici!
Mi piacereBBe straPPare soRRisi o scoPPi di aLLegria o aDDiriTTura di inaRRestabille ridareLLa, piuTTosto che stiLLe… Ma l’uva fragola mi manda in soLLuCChero! e pure i coRRieri. MiLLe graZZZie!!!
Mmmm! Non posso che mangiarmelo con gli occhi, ma.. il bello è che dura tanto! Grazzzzzzzzzzzzzzie!! (a proposito, visto che ho scritto un postino senza bisogno di usare le doppie, come mi avevi suggerito tu? Naturalmente, prima di risolvere il problema!)
pensieri ed immagini profonde…
…in condivisione 🙂
Sì, stringimi.
Ciao.
Gus. Ciao
Bellissima Idea e bellissimo come scrivi !
Ma grazieeee. Bellissima Tu!