Perché c’è chi per avere un mondo migliore mette le mani nella terra e il cuore a guardare il cielo. Gli amici a questo servono!
“Fare un orto può sembrare cosa molto semplice ma prendersene cura richiede una costanza che va oltre i nostri bisogni. Ho accettato di realizzare questo orto perché mi è stato chiesto da chi ogni giorno si prende cura di persone che stanno lasciando questa vita, e tutti quelli che mi hanno aiutato lo hanno fatto per lo stesso motivo, senza chiedersi se è una cosa buona, hanno accettato perché ho chiesto! Mentre ci prendiamo cura dell’orto lui si prende cura di noi.” Marina Paolucci
Così ci si ritrova ancora lì, dopo un anno, a lavorare e poi fare festa, come in un film di Pupi Avati o (la dottoressa degli alberi lo preferirebbe) di Ferzan Özpetek, tutti insieme, appassionatamente. Sì, quel luogo che all’incirca 300 giorni prima, per alcune ore ha custodito il dolore, la speranza e poi ancora il dolore più grande, di una piccola comunità che si componeva come una siepe di rose antiche a nascondere uno scrigno di famiglia.
Con i piedi a toccare il terreno e sulla testa il cielo, con tante mani che s’incrociano sul tavolo, corpi protesi a prendere o donare cibo e occhi a sorridere e bocche a parlare e ridere. Due occhi blu. Lo spaventapasseri di pezza con il grande cuore di latta, osserva. Un corpo di paglia può avere un’anima? L’anima è in tutto ciò che è pieno d’amore. Sì. Lo spaventapasseri ha un’anima, donata da chi l’ha pensato, disegnato, tagliato e cucito, ha dipinto il volto. Nelle due canne che tengono l’asse perpendicolare, in ogni filo di paglia, passato per le mani di chi ha riempito il corpo, si è impressa energia vitale. Quel cuore, tagliato da un foglio di latta, dipinto di rosso. La figlia che ridona il cuore alla madre. Pensate che non batta più quel cuore? E come farebbe allora, quell’orto, a essere tanto fruttuoso, creato in un terreno che custodiva detriti di una demolizione e gramigna? Solo tutto l’amore che c’è fa vivere lo spaventapasseri e l’Orto d’Amore.
P.s. e comunque, noi, nell’orto, abbiamo trovato tre cuori autoctoni.
Il progetto
Orto d’Amore
Hospice Alba Chiara, Lanciano. ASL Lanciano-Vasto-Chieti. Dott. Pier Paolo Carinci, Marina Paolucci, responsabile del progetto, e tutti quelli che collaborano per la realizzazione dell’orto.
Scambi di saperi per la cura dell’orto e dell’anima e non solo!
L’ortoterapia in Hospice propone la metafora del “prendersi cura” ed uno spazio di incontro, di riflessione, di ricordo e di tranquillità per le famiglie presenti in Hospice e quelle che nell’Hospice hanno lasciato ed allo stesso tempo trovato qualcosa di importante; l’orto-giardino è inoltre uno spazio per gli operatori, per i volontari e quanti vogliono avvicinarsi e conoscere l’Hospice come luogo di vita.
Nell’hospice Alba Chiara la prima esperienza in Italia di un orto terapeutico
sporcarsi le mani pulisce il cuore
Massimo, grazie per il bel pensiero
grazie a te, per i tanti che mi ispiri
🙂
Io sono rimasta alla fase del cammino e dell’osservazione.
Presto riprenderò quest’approccio, tanto caro alla mia famiglia. Grazie Adina!
Amalia, si torna a zappare la terra, nuovo trend dell’economia, e poi, a noi le feste in campagna piacciono tanto, non siamo signore di città 😉
esatto! 😀
😀
in orto c’è sempre tanta energia che si rinnova e poi orto può essere insorto come molti già fanno rivoluzione di cuore e spirito in quel passaggio effimero e fantastico che è la vita 🙂
Che bell’aria si respira qui!
Coltivare la terra, coltivare noi stessi: La cura è quel che non dovrebbe mancare.
ciao
.marta
Vengo da te, Adi cara, e ritrovo il sorriso più vero.
Le mani nella terra a sporcarsi di pulito e gli occhi a guardare il cielo.
Tutti insieme, amici! Sì, così.
❤ Per te, A. cara davvero.
A
Con emozione ho scritto questo "commento".
A come Amore!
🙂
A come Amici!
🙂
Bello, prendersi cura così 🙂