Proceed along 400 Street and turn right

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Scesa dall’auto lo scenario era piuttosto straordinario, con la luce tenue del tardo pomeriggio i contorni delle case di legno si presentavano ammorbidite. Le facciate, come fossero dipinte ad acquerello, in cui la gamma del rosso, la maggiore rappresentata, arrivava all’avorio e passava al celeste, definendosi in una geometria regolare. La vegetazione, per niente timida, e dalle mani dell’uomo, disegnata nelle forme, appariva composta di una maniera eccitata nella creazione, in un acrilico materico, le macchie, di tutti i verdi possibili, erano intersecati da rosse terre bruciate e schizzi da tavolozza per i fiori. Il cielo a china, blu Prussia, che l’acqua, inavvertitamente in preponderanza, alleggerendo il peso del pigmento lo rende trasparente, vetro cattedrale, in bellezza.  Il cinguettio degli uccelli m’indicava che lì ogni casa era accogliente, ognuno, indisturbato, a sera, si ritirava nel suo nido, e se il loro era sul ramo dell’albero del marciapiede, uguale a quello nel bosco era la pace ricevuta. E mi resi conto della fortuna che avevo avuto a trovare ospitalità in quella casa, in cui le risa dei bambini erano a segnare i tempi, lo svolgere delle abitudini domestiche di tutti; mentre, esclusivo per gli adulti quello dell’odore del caffè.

Non so perché, forse per la possibilità data in armonia, ma dopo qualche mese cominciai a pensare a una casa tutta mia, in cui trasferire le vecchie abitudini trasportate e inserirne delle nuove, acquisite in quella dimensione. Giravo per le strade, osservando le abitazioni, oramai, solo pensando a quale sarebbe potuta essere la mia. Anche nella visione passeggera, per quell’attimo percepito, focalizzavo un particolare adatto al mio bisogno. Spesso era la localizzazione stradale, quelle in saliscendi le preferivo,  mi affascinava la vicinanza alla città ma adoravo la campagna a nord, o gli alberi piantati intorno alla casa; altre volte il colore dei listelli di legno, o l’emergere di quelle vetrate che portavano in casa la vegetazione con tutti gli abitanti del bosco, o ancora, il capanno degli attrezzi che già vedevo studio, riempito di tele sul piano del fienile.

L’Italia era lontana, da lì, ciò che era stato lasciato pareva appartenere a un’altra vita. I silenzi, impregnati nei colloqui taciuti, si dissolvevano portati dal vento dei mari del nord, e il mattino presto, quando l’insonnia mi conduceva al risveglio dell’alba, voilà, nessuna traccia impressa sul mio viso, di quei cupi pensieri serali, fatti d’infinite domande senza risposte, evase come il volo di farfalle.

Il signore con il cappotto cammello, si offrì, con un fare cortese d’altri tempi, di accompagnarmi in visita a negozi adatti alle mie necessità del momento.  “Prima andiamo a pranzo!” dice, lasciando a me la scelta del ristorante, scelgo, ed ecco che ha da dire la sua, che avrebbe voluto un locale più alla moda per il nostro primoincontro. L’illuminazione mi sembrava condurre una sottile intimità, eccessiva, per quell’appuntamento primo, piatto, che non sarebbe arrivato al secondo, né tantomeno al dolce. Fuori. Seguendo un’ampia strada, libera, attraversammo le montagne locali, piccole colline, pensando al massiccio a protezione della mia casa e al vicino gigante dormiente, a cospetto dell’adriatico.

Gli occhi bruciavano e la gola la sentivo irritata (sono allergica alla polvere e alla muffa), la gentilezza del signore con il cappotto cammello m’inibiva nel dirgli che quel posto era sbagliato per me. Non volevo sembrare scortese, ed era impossibile nascondere la sua ricerca di volermi conquistare in tutti i modi. Anche con gli occhiali scuri e disquisendo sullo stato socio-culturale-economico italiano, facevo un poco fatica a distrarlo (accidenti a me che avevo messo la gonna con gli stivali alti). Calcolava le distanze, il signore dal cappotto cammello, per avvicinarsi e sfiorami ora il fianco, ora la spalla, ora il gomito e condurmi verso di lui che con l’altra mano aperta a offerta, indicava i pezzi esposti nel mercato. Ma. Non aveva nulla davanti a sé che io desiderassi. “Non offrirmi l’anello antico, non il piatto cinese di un’epoca cancellata”, avrei voluto dirgli. Sì, un caffè canadese corto, lungo, se concepito italiano, con poca crema e senza zucchero, lui questo non me l’ha chiesto ed io non l’ho richiesto, trattenendomi la voglia per casa, come la pipì. Pure continuava a girare a zonzo, in quello spazio dall’odore di soffitta consacrata. Fuori. Il primo giorno di sole caldo, da quando era arrivata. “Aprite queste porte e le finestre, se ci sono, andate all’aria!” Porta Portese rappresentava il paradiso, al momento. Tuttavia seguivo quell’uomo gentile. Mette tra le mie mani una marmellata di Bakeapple (Cloudberry). “Portala in Italia! Un ricordo.” La mia vita sarebbe stata più divertente se non avessi avuto problemi con le allergie.

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Io mi ricordo di ieri. Vigorosamente penserò a domani, alla gioia condotta da un giorno nuovo. Io mi nascondo dietro al bianco e nero. Minuziosamente raccoglierò le sfumature dei colori, per farne scorta. L’anamnesi mi appaga e mi strazia.
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26 risposte a Proceed along 400 Street and turn right

  1. stileminimo ha detto:

    Ti voleva conquistare con la marmellata? Con le api funziona…

  2. tramedipensieri ha detto:

    Ma quante cose particolarissime in questo negozio….incredibile vendono pure le corne d’alce (…)…Decisamente meglio porta portese…

    Un caro saluto
    .marta

    • germogliare ha detto:

      Oddio! Marta, quante cianfrusaglie… tutte cose andate, come il cappotto color cammello… Mandatemi il sole e la vitalità di un qualsiasi mercato nazionale, ohibò!!!
      Baci e abbracci

  3. massimolegnani ha detto:

    Non so da dove cominciare, tanti i pensieri che mi hai innescato.
    Se non ho letto male, questo e’ il tipo di (auto)biografia che mi piace: vera e farlocca allo stesso tempo, intrisa di dati reali e rielaborazioni di fantasia. Mi pare che dopo le prime righe, che coincidono col tempo reale, tu abbia operato un’operazione duplice: proiettarti avanti di qualche mese vivendo quel tempo futuro come ormai acquisito. In questo spazio temporale ambiguo inserisco il desiderio di un’abitazione autonoma, per esempio.
    E poi c’e’ il signore col cappotto di cammello, che di sicuro hai incontrato sul serio, magari chiedendogli quell’indicazione che riporti nel titolo. Lui, educato, ma con l’occhio attratto dalle tue gambe o dalla scollatura, si e’ forse dilungato un po nelle spiegazioni, e questo ha innescato in te un’altra fantasia, che trovo sia la parte piu’ bella e surreale del resoconto, l’invito a pranzo, ahime nel locale sbagliato, i tentativi di approccio, anch’essi mal condotti, il viaggio tra le colline, il tutto in una specie di binario parallelo a quello del reale.
    Il brano e’ tutto in prima persona tranne un breve passaggio in terza (il primo giorno di sole da quando era arrivata), lapsus o vezzo artistico?
    Ciao
    ml

    • germogliare ha detto:

      Non so da dove cominciare, tanti pensieri che ti ho innescato, e mi fai sorridere.
      Farlocca, mhhh. E cosa ti dice che ci sia del farlocco? Non pensi che tante volte la realtà superi l’immaginazione? Io sì, e confesso che d’immaginazione ne ho da vedere (qualcuno la compera pure…pensa te!), nonostante tutto, guardandomi intorno mi accorgo spesso di trovarmi a vivere situazioni irreali. Ma forse hai ragione te, del farlocco c’è ed allora è la mia visione che è geneticamente modificata. Urge visita oculistica o neuropsichiatrica.
      Il signore del cappotto cammello. Eh no, menomale non avevo una scollatura ampia, che quello già pensava ai viaggi caraibici. Potrei ancora raccontare di lui, a garanzia di uno spazio tutto suo nella vetrinettà delle cose andate.
      Era/Ero, accidenti! La casualità gioca sempre la sua parte, in ogni cosa. Ho corretto, non si è salvato. Ho riso, pensando che ci stava bene. Toglimi i vezzi intriganti e sono un pesce senz’acqua…glu glu glu
      Ciao, osservatore certosino!

  4. egle spano' ha detto:

    Non son tempi ancora perchè tu diventi terra e odore e radici di altri luoghi, voli leggera come il tuo sguardo sulle cose…è meraviglia! il nido si è sempre pronti a farlo e disfarlo!
    baci

    • germogliare ha detto:

      Egle! quasi quasi ho anche nostalgia del gracchiare dei gabbiani, che qua le oche c’assomigliano, come i laghi al mare, ma non è… e già che questi alberi giganteschi m’affascinano da morire. Due nidi, si può…ci si pensa… baci

  5. ludmillarte ha detto:

    mmmm…diffidare sempre dei signori col cappotto cammello! 😉

  6. bakanek0 ha detto:

    Mi è piaciuta tantissimo la prima parte, per l’accuratezza dei particolari che descrivi come se li stessi dipingendo: i colori, le sfumature. Una scelta d’immaginari tubetti da mescolare e buttare su tela…
    L’uomo col cappotto cammello? Indimenticabile, persino per me!
    P.s. ma era davvero così inaffrontabile il negozio? Le tue foto sembrano invitanti…
    Baci, cara! 🙂

    • germogliare ha detto:

      Terrò a memoria, lo farò tornata nella mia dimora, da dove l’aria del bosco si mischia a quella del mare…
      Baka, I N D I M E N T I C A B I L E per te, pensa per me? Uhhhhh :lol:)
      P.s. di più, molto di più… a tratti osceno, dalle sorprese degli ovetti, alle cineserie,al piccone del minatore, alle penne dell’indiano, al disco di Elvis, anteguerra, tuttoinsieme. La mia macchinetta si è rifiutata di scattare foto, quelle che vedi si sono salvate alla meglio. Ah, e non vedi la parte dedicata all’abbigliamento.
      Baci e abbracci 🙂

  7. Sara ha detto:

    Ancora un bel post Ge! 😀 Non mi sorprendi…comunque! 😉
    Credo che tu sia una persona ironica-intelligente!
    Eppure mi sei simpatica, anche se non mi crederai!
    Sei nostalgica? Ri-torna! 🙂

  8. Sara ha detto:

    Certe donne sono ++ . sempre detto io! lo penso davvero!

    • germogliare ha detto:

      :lol:) sono una persona, rido-piango-urloepoi-piango-rido, come tutti, credo!
      Le situazioni che viviamo influenzano il nostro umore, ora sembro simpatica e domani… chi lo sa 😉
      Ri-tornerò, ma ho ancora da godere di questo clima nuovo. E poi, proprio adesso che qui è sbocciata la primavera, naaa, io resto ancora.
      Ciao

  9. penna bianca ha detto:

    Dai che ho riso a immaginare la scena. 🙂 (però anche i canadesi ne accumulano di cianfrusaglie ,-))

    • germogliare ha detto:

      Anche a me veniva da ridere, sembrava la scena di un vecchio film, solo che lui non era Sordi, né Mastroianni e neanche De Sica, forse dovrei darmi alla recitazione. (cianfrusaglie a iosa. ogni popolo mette del suo, così costruiscono una storia comune)
      🙂

  10. gelsobianco ha detto:

    Una donna colma ha scritto questo post, una donna con mille sfaccettature, ricondicibili tutte al suo vero modo di essere.
    Questa donna mi mostra il suo vero viso quando… “il mattino presto, quando l’insonnia mi conduceva al risveglio dell’alba, voilà, nessuna traccia impressa sul mio viso, di quei cupi pensieri serali, fatti d’infinite domande senza risposte, evase come il volo di farfalle.”
    Questa donna, con una gonna e gli stivali alti, perchè è donna comunque, mi si rileva anche…”per quell’appuntamento primo, piatto, che non sarebbe arrivato al secondo, né tantomeno al dolce.”

    Non ha importanza se questa donna scrive qualcosa che è accaduto veramente o che ha ingrandito con la sua fantasia.
    E’ una donna che, indubbiamente, vive profondamente!
    Possiede la giusta ironia, poi.

    Io colgo questa donna, la capto un po’ divisa in questo momento.

    “Toglimi i vezzi intriganti e sono un pesce senz’acqua…glu glu glu” in un suo commento.
    Oh, come riesco a comprenderla.
    Possiede lievità anche questa donna.

    Forse la sento così profondamente perchè soffre di allergie come me!

    Ti abbraccio stretta, cara A
    A

    • gelsobianco ha detto:

      Questo scritto, a partire dal titolo, mi “incanta”!
      Grazie.
      Un sorriso
      A

    • germogliare ha detto:

      A. che bel regalo mi fai. Ma sono io? Potrei usare le tue parole come presentazione per il cv e per cercare un fidanzato.

      Sinceramente. In questo momento stavo vedendo il mio post, pensando di metterne uno nuovo perché ho bisogno di urlare dentro questa mia casa. Sono molto arrabbiata, sì, ma anche sorrido, tranquilla! Poi, leggo in diretta il tuo commento e decido che è meglio lasciare questa storia ancora qualche giorno, sono felice di poter regalare sorrisi, e per me, ritrovarmi in questo ricordo leggero.

      Mi stringo agli abbracci stretti
      Stammibene
      A

      Grazie!

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