E poi ci sono quelle ore che sembrano non passare mai, e sei in un’altra città, magari è Bologna. Intorno a un letto matrimoniale che di matrimoniale ha solo la dimensione numerica, si uniscono quattro donne, professioniste del vivere tra saltimbanchi, tre a far da supporto a una che di chemio ne ha per giorni, e ironico è, che un’altra delle tre, la chemio l’ha per minuti ma la farà a casa. E’ fortunata quest’ultima. Io. Bel gruppo in un interno a ringhiera, con tante biciclette nel cortile che queste donne, se potessero, le ruberebbero una per ognuna, per finire in un prato a bere rum e mangiare pane e gorgonzola. Anche così ridono certe donne. E poi arriva la sera, quella che porta i pensieri lasciati a casa. E anche la “Ragazza con l’orecchino di perla”, vista sottobraccio all’architetto toscano, in un buonumore che univa, e cui i gradi alcolici del whisky scozzese facevano un baffo, è solo un ricordo.
I dolori delle metastasi si diramano, però sono controllati dalla medicina, ma i dolori dell’anima come faccio a controllarli? Vorrei dirlo alla mia amica stesa nel letto e anche alle altre che si prendono cura di lei. Sto zitta. Quanto è fondamentale saper tutelare il silenzio in occasioni in cui l’equilibrio è precario.
La dottoressa degli alberi tiene la mano della sorella, stesa accanto a lei in fotocopia, e l’infermiera amica, ai piedi del letto, le assiste, provando a divagare parlando di spezie in luoghi lontani e remoti. Io cerco di afferrare notizie e banalità che mi svolazzano sotto il naso, sperando di cambiare il flusso dell’aria nella stanza. Arieggiare è vitale, per tutte.
E quando la sera pare finita e le ore del nuovo giorno sono vicine, l’etere porta un messaggio:
“È uno strano lavoro quello dell’editor. Non fa lo scrittore, ma scrive. Non fa l’insegnante, ma corregge. Non fa lo psicologo, ma ascolta. Ascolta la voce di chi ha scelto di scrivere, di raccontare e, magari, di raccontarsi.
Ogni volta, l’incontro con l’autore è foriero di novità: sarà scienza? sarà economia? sarà storia? Cosa vorrà dire la penna di colui o di colei che sto per incontrare?
Scrivo questi pensieri perché stasera riconsegno all’editore un lavoro che mi ha messa alla prova. Il testo che sarà pubblicato tratterà di arte utile e porterà la firma di una donna speciale, con la quale ho stabilito un’empatia che va oltre l’arte, oltre le pagine, oltre le parole.
Già, perché mentre io mi prendevo cura delle sue parole, raddrizzavo le frasi, ne esasperavo il significato, lei viene colpita da un male cattivo che la costringe a prendersi cura della sua salute, la obbliga a raddrizzare il percorso e ad esasperare la vita.
Ti conosco da poco mia cara, ma so che sei allenata a lottare e a vincere.
Grazie per avermi dato l’opportunità di esserti –utile-, come lo è per te la tua amata arte.” Paola
Una lacrima scende giù negli angoli degli occhi, anche le altre donne, in sorellanza si emozionano. Le donne! Ci posso contare le mie emozioni sulla loro pelle. Ci possono contare le loro sulla mia. Oggi datemi tregua. Oggi chiedo pausa. Oggi la pelle si è assottigliata. Mi chiudo a pensare in un luogo sacro sul mare, che tanto ricorda l’Abbazia fotografata dal mio amico. A differenza, fuori si sente il rumore delle onde e si percepisce il profumo dei pini marini. E’ l’imbrunire, non c’è quasi più nessuno in giro, neanche a osservare questo panorama di trabocchi e ginestre già in fiore, dove le barre della balconata tengono un segno d’amore nei lucchetti chiusi nel ferro a limitare il mare con la pineta.
Ti lascio un abbraccio sincero, che è poco per quello che regali.
Io ti stringo forte.
Bonsoir Germoglia marzolina.
Il sorriso di alcune donne l’ho fotografato dentro. Riflesso in una vetrina. Talvolta mi costringo a ricordare che non posso deludere quel riflesso.
Germoglia quel testo ha una forza alla quale si può attingere. Io l’ho fatto.
“Oggi la pelle si è assottigliata.”
**Allora solo un mio sorriso.**
E tu sai che non scrivo solo per scrivere parole.
Un mio sorriso, A cara.
A
Toccato. E resto in silenzio a guardare.
Pablo
Commossa.
Mi stringo a te.
ti abbraccio…
Lud
Che dire dell’emozione che ti si attacca all’anima e ti avvolge in un abbraccio stretto?
niente, a volte non si riesce a dire niente, si può soltanto mettersi lì a sentire…
ciao Amica
Passerà la nottata e torneranno i giorni di biciclette, prati e rum. Credici
qualcuno un giorno disse: “resistere… resistere!” e aveva ragione, mai mollare (te lo dico per esperienza diretta), perché un sorriso regalato al mattino ha sempre il colore della speranza (editor compreso) (!)
Facciamo linguaccia, baldanzose e col sorriso negli occhi. Sempre. Sempre. Sempre.
Ho il terrore della malattia e di essere messo alla prova. Vorrei essere incosciente. Trabocccare di incoscienza.
è tutto compreso nel pezzo.
prezzo. volevo dire prezzo.
Che bello questo post. Davvero bello
Mai che si possa stare tranquille!
“è fortunata quest’ultima. Io.”
ecco, ho scelto questa frase perchè è il fulcro di tutta la narrazione, il tuo voler rendere partecipe il lettore senza “caricarlo di dolore”, la visione fiduciosa del futuro, la determinazione a lottare, e poi, poco sopra e poco sotto, quel bel legame fra donne, grazie al quale anche la “fortunata” può dare il suo aiuto.
sai toccare con le parole,
ml
Mi sono persa cosi tanto di te e ti ritrovo qui, in tutta la bellezza del tuo essere.
La mia assenza ora è un nodo in gola, avrei voluto strati vicino quando avevi così bisogno di una parola amica. Ora sono qui e ti abbraccio forte…